“.....L’affermazione dell’autonomia e dell’indipendenza professionale sancita dal legislatore statuale – per quanto qui rileva – determina un penetrante limite alla discrezionalità organizzativa delle pubbliche amministrazioni, che si traduce in una particolare organizzazione degli enti di appartenenza degli avvocati, nel senso della necessità di costituzione di un’autonoma ed indipendente struttura operativa che valga, da una parte, ad inserirli nell’assetto degli enti e, dall’altro, a consentire ed assicurare il libero esercizio delle loro peculiari funzioni in assenza del quale verrebbe meno la natura professionale che tipicamente connota la prestazione lavorativa.
Quanto al profilo soggettivo, se da un lato i professionisti avvocati inseriti con vincolo di subordinazione presso gli uffici legali degli enti pubblici non possono in alcun caso essere adibiti a compiti meramente amministrativi, non attinenti alla professione o comunque contrari alle regole deontologiche, dall’altro il loro particolare status non osterà all’attribuzione di mansioni di diverso contenuto – purché sempre nell’ambito delle attività di natura professionale – né alla loro soggezione al potere gerarchico-funzionale (e non già gerarchico-professionale) degli organi datoriali di vertice.
Quanto al profilo oggettivo, la scelta dell’amministrazione di dotarsi di un proprio ufficio legale determina l’insorgenza di una struttura che necessariamente si differenzia da ogni altro centro operativo e postula una diretta connessione (come già detto, gerarchico/funzionale) unicamente con il vertice decisionale dell’ente stesso, al di fuori, quindi, di ogni altra intermediazione (in termini già Cons. Stato, V, 16 settembre 2004, n. 6023).
“..... Al fine di rispettare le prescrizioni di legge in materia di esercizio della professione forense non rileva la maggiore o minor “specialità” dell’ufficio (categoria nominalistica dal contenuto peraltro oscuro), bensì la sua effettiva autonomia (ed indipendenza) dalle altre articolazioni amministrative dell’ente pubblico.
In questi termini, va ribadito il principio (Cons. Stato, VI, 23 dicembre 2016, nn. 5447 e 5448), secondo cui “Non è […] conforme al modello legale, come sopra prefigurato, che l’attività dell’avvocato debba essere conforme a direttive specifiche adottato da un soggetto esterno.....”
".... la figura dell’Avvocato coordinatore – reso precario nella durata dell’incarico e ridimensionato nei poteri di coordinamento e gestione necessari al regolare funzionamento di un’Avvocatura autonoma – sia stata ricondotta nel novero degli incarichi fiduciari e, quindi, in ultima analisi, nel contesto organizzativo del c.d. spoils system.
Va peraltro rilevato che un’applicazione estesa di questo strumento trasforma la dirigenza interessata in dirigenza fiduciaria, esplicitamente legata ad uno specifico organo politico e, in quanto sua diretta emanazione, non in grado di comportarsi e di apparire come imparziale nell’esercizio dei propri compiti.
Invero, se tale criterio di scelta può ancora risultare compatibile con i principi costituzionali fondanti l’assetto ordinamentale della pubblica amministrazione, nei limiti in cui venga circoscritto alle sole posizioni apicali naturaliter attratte nell’orbita degli organi di indirizzo (in quanto istituzionalmente deputate a collaborare con essi per la formazione degli atti di loro competenza), per contro la cd. “dirigenza professionale” (nel cui ambito ricadono indubbiamente le funzioni apicali degli Uffici di Avvocatura, in ragione della loro funzione istituzionale di garanzia) deve essere sottratta a criteri ispirati ai principi dello spoils system – dunque, in primis, al presupposto caratteristico della nomina fiduciaria – non potendo operare altrimenti che in modo indipendente ed imparziale......”